Atlantide by Renzo Piano Carlo Piano & Carlo Piano

Atlantide by Renzo Piano Carlo Piano & Carlo Piano

autore:Renzo Piano, Carlo Piano & Carlo Piano [Piano, Renzo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2021-10-20T20:27:00+00:00


L’umanista Giobatta

Intanto sullo sferragliare del metrò, intrattenuti da acrobati che giravoltano tra i sedili, siamo arrivati alla fermata sulla 116th. In certe stazioni, come questa, il fragore del treno impressiona: un rombo che rotola, interrotto solo dallo stridere ancora più assordante dei freni. Per fortuna all’uscita, a lenire le orecchie, c’è un gruppo che intona a cappella i Carmina Burana musicati da Carl Orff, raccolgono offerte per l’iniziativa “Cantare sotto le strade”. Un cinese invece suona il violino, dovrebbe essere un pezzo di Mozart.

La leggenda vuole che sotto la città esista una comunità nascosta, che abita negli anfratti delle gallerie in disuso. Derelitti, malati di mente e fumatori di crack che si sono rifugiati nel sottosuolo, trasformando i cunicoli in accampamenti. C’è chi giura di averli visti entrare e uscire dalle grate nelle prime ore del mattino, mentre Manhattan ancora dorme. Ma dubito che sia vero.

Quando Lee Bollinger divenne rettore della Columbia nel 2002, contattò quasi subito mio padre. Credo cercasse uno sguardo umanista, voleva coniugare la crescita dell’università e il quartiere, forse memore dei pasticci passati. Non è un posto qualsiasi, è Harlem. La culla della cultura di strada.

Qui il cibo è di strada, la musica, l’artigianato, l’arte e lo sport sono di strada. Pure il commercio si svolge in strada, si chiamano street vendors e controllano i marciapiedi: offrono da mangiare, vestiti, libri, qualcuno persino gioielli. Spingono carretti e frigo a rotelle, trasportano in spalla sacchi e cassette. Vanno e vengono dalla Marqueta, il mercato rionale su Park Avenue. Ci sono bodegas che smerciano frutta tropicale, accanto ai baracchini che rosolano hamburger e kebab. Le farmacie convivono con le botanicas, dove si spacciano miracolose erbe medicinali e oggetti sacri. Quelli usati dai santeri, i sacerdoti del voodoo.

Il nostromo mi guarda con aria interrogativa e tenta di accendersi una sigaretta, combattendo inutilmente contro il vento. Gli è sfuggito qualcosa, che alla scuola sottufficiali della Maddalena non è materia di studio. “Ma che vuol dire umanista?” mi domanda. Provo a rispondere, è una parola desueta, che non si sente quasi più.

Cos’era mai un umanista? In fondo, era un personaggio che sapeva mescolare le cose, il mondo della scienza con quello dell’arte, la memoria con l’invenzione. Leon Battista Alberti era architetto, ma scriveva anche manuali sull’educazione dei figli e compilava codici di crittografia. Essere italiani, secondo mio padre, ti aiuta a cogliere questa complessità delle cose, te le fa vedere da lontano.

Dice che si sente umanista, anche se in lui non c’è una cultura letteraria o artistica. D’altronde lo ha già confessato: a scuola era un somaro. In terza elementare un prete giurò sul crocifisso che il piccolo Renzo era un caso senza speranza. Mia nonna Rosa lo portò dallo psicologo, che stilò la sua diagnosi: il bambino risulta d’intelligenza normale. Non sapeva studiare, si distraeva durante le lezioni, ma proprio scemo non era.

Mi ricordo che una volta, parecchi anni fa, c’era una mostra di mio padre a Genova, a Palazzo Tursi. Tra i visitatori scorse la sua vecchia insegnante di storia dell’arte, ormai in pensione, che era andata a curiosare fra i lavori dell’ex allievo.



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